Prima ha postato su Facebook un lungo attacco contro i migranti, la sua ossessione quotidiana, Richard Gere, i massoni, i «poliziotti corrotti», i giudici che scarcerano gli spacciatori con eccessiva facilità e qualche amministratore locale. Poi ha ucciso il padre sgozzandolo con un coltello. La scena ha avuto come testimoni inorriditi i clienti di un supermarket della carne a Piazza Armerina, antico borgo del cuore della Sicilia, e un’altra figlia della vittima, sorella dell’assassino, Elide di 21 anni.
La matrice del delitto viene ora cercata nei
pensieri scomposti e deliranti di Carlo Lo Monaco, 30 anni, conosciuto
dai servizi sociali per i suoi disagi psicologici. All’apparenza nulla
però lasciava pensare che il giovane avesse maturato l’idea di uccidere
il padre Armando, 53 anni, giunto in Sicilia tre giorni fa dalla
Germania dove si era formato un’altra famiglia.
Carlo è uscito di
casa con il coltello che poi, all’improvviso, ha tirato fuori dalla
tasca per scagliarsi violentemente contro il padre impegnato
nell’acquisto della carne. Dal negozio, in via Muscarà, nel centro della
cittadina, si è quindi allontanato per rientrare a casa. E qui è stato
alla fine prelevato dalla polizia avvertita intanto da un avvocato che
aveva in passato assistito Carlo Lo Monaco.
I suoi post su Facebook offrono ora il quadro di un soggetto molto disturbato che prendeva di mira «poliziotti corrotti», una psicologa, Richard Gere e i personaggi che, a suo giudizio, lavorerebbero per attuare il «piano Kalergi». Il piano prende il nome da un filosofo austriaco negazionista dell’Olocausto e si basa sulla credenza che esista un complotto per l’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa. In un post pubblicato ieri Lo Monaco prendeva di mira anche l’attore americano che ha visitato i migranti raccolti dalla Open Arms. “Io non chiamerei Richard Gere neanche il mio barboncino…», scriveva.
Nella formazione del giovane hanno pesato non poco letture molto connotate alle quali si era ispirato, nei suoi profili social, scegliendo lo pseudonimo di Apophis Apep come l’antica divinità egiziana che incarnava il caos. Nel suo lungo scritto pubblicato questa mattina, appena un’ora prima del delitto, il giovane si scagliava pure contro i «massoni» infiltrati in molti settori, i «poliziotti corrotti» e i giudici che con facilità scarcerano spacciatori di droga. «Siamo in pericolo», scriveva indicando i suoi «nemici» con nomi, funzioni e perfino fotografie.
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